Vi siete mai chiesti anche voi come me, cosa mangiavano le tribù dei nativi americani nel vecchio West?

I pasti che i nativi americani mangiavano nel passato rappresentavano una parte essenziale della loro esistenza, in quanto riguardavano sia spesso una parte funzionale durante le cerimonie che soprattutto il loro necessario sostentamento per la vita.

Sfruttando al massimo tutto ciò che l’ambiente selvaggio offriva loro, i nativi americani portarono gli ingredienti naturali ad essere utilizzati nei modi che mi piace definire i più creativi.

E molte di quelle ricette sono tuttora parte della loro cultura e vita negli attuali tempi moderni.

In generale, il vecchio West prosperava prevalentemente con alimenti semplici di base, come ad esempio mais, fagioli e zucca.
Quando era disponibile, i nativi inserivano nelle loro diete anche la carne, mescolandola con particolari radici e verdure varie.

Molti dei cibi che essi mangiavano erano ricchi di grassi, proteine, e carboidrati.
Le loro ricette venivano spesso caricate intenzionalmente con sostanze nutritive, per combattere molte delle potenziali difficoltà climatiche (soprattutto nei lunghi e rigidi inverni) e le lotte endemiche vivendo in quei periodi così duri.

Allo stesso tempo, Il cibo veniva altresì utilizzato anche per le celebrazioni e per portare le persone a raccogliersi insieme.
Come in molte altre culture, un buon pasto era pertanto visto come un importante strumento sociale che poteva rafforzare i legami comunitari!

Tradizionalmente chiamato Nitsidigo’i’, il Kneel Down Bread dei Navajo (da traduzione “Pane Inginocchiato”) venne così chiamato per come appariva dopo la sua preparazione.

Questo pane era fatto di mais, che era appunto uno degli alimenti principali a base delle diete dei Navajo.
Il mais veniva macinato, prima di essere avvolto nelle stesse bucce del mais (solitamente scartate durante la fase di raccolta del cereale), per poi venire bollito oppure infornato.
Poiché le estremità della buccia erano nascoste o piegate tra loro, l’intero pasto finito somigliava vagamente alle gambe di una persona in posizione inginocchiata.

Una volta cotto, il Kneel Down Bread era morbido all’interno, ma spesso si presentava con uno strato esterno croccante.
A volte veniva dato del Kneel Down Bread ai medicine men (i famosi uomini di medicina) come forma di pagamento per i loro servizi, o per ottenere da essi una benedizione.

In molte altre occasioni veniva offerto anche agli anziani della tribù, come segno di gratitudine e rispetto nei loro confronti.

Il Pashofa era invece un piatto tradizionale che era composto da una miscela di carne di maiale, mais, acqua, e che richiedeva numerose ore di lavoro per la sua preparazione.

Con la possibilità di poter essere conservato per oltre un mese, il Pashofa assumeva la forma di una zuppa che veniva quasi sempre preparata in grandi quantità, poiché era tipico servirlo durante le riunioni dei membri della comunità dei Chickasaw.

Per fare il Pashofa, il mais veniva spezzato e poi messo in acqua bollente.
La miscela veniva quindi agitata per ore e ore, permettendo così al mais di ammorbidirsi.
Quando il mais era a metà cottura, venivano poi aggiunti i pezzi del maiale.

Era importante fare attenzione che il mais non si attaccasse al fondo della pentola, il che necessitava l’utilizzo di pale.
Con lo scopo di mescolare le pentole di Pashofa, vennero costruite pale fatte di legno di noce americano o di quercia, spesso tramandate tra i nativi da generazioni.
(pensandoci, potrei immaginare che queste fossero le antenate dei mestoli in legno che oggi utilizziamo come utensili durante le nostre preparazioni culinarie d’oggi).

I Chickasaw ed i Choctaw si univano a volte in un rituale di guarigione noto appunto come la “danza Pashofa”.
Durante questo rituale, un uomo di medicina avrebbe pronunciato una formula magica sopra un malato per scacciarne l’afflizione, mentre gli altri ballavano fuori dal teepee.
Nel pomeriggio, veniva poi servito il Pashofa a tutti i danzatori, prima che seguisse un loro secondo giro di balli.

Tradizionalmente chiamato Atoo’, lo stufato di montone era un piatto molto popolare, specialmente nel sud-ovest tra la tribu Diné del popolo Navajo.

In realtà, Atoo’ non definiva un solo pasto in particolare, in quanto esso era un termine usato generalmente per stufati, zuppe o poltiglie.

Detto questo, spesso veniva inclusa anche la carne di selvaggina (come ad esempio coniglio) e venivano tipicamente incorporate verdure come sedano, cipolla e spinaci selvatici insieme a zucca, mais e patate.

Il montone veniva preparato saltando la carne prima di aggiungerla in una pentola di acqua bollente.
Una volta aggiunte le verdure, il composto veniva cotto per poco tempo, dopodiché insaporito per poi aggiungere nuovamente altra acqua. Dopodiché seguiva un discreto tempo di cottura.

Quando finalmente servito, veniva spesso accompagnato da una sorta di morbido pane o tortilla.
Un piatto relativamente semplice, ma che racchiudeva credetemi molto sapore.

Un altro elemento comunemente presente tra molte delle tribù dei nativi americani, in modo particolare nei gruppi Navajo, era il Fry Bread (il famosissimo “pane fritto”).

Utilizzato in molti modi, il Fry Bread era relativamente semplice da preparare.
Si trattava principalmente di mescolare farina, latte, acqua, senza lievitazione.
Vale a dire che il pane fritto Navajo era praticamente un impasto di pane azzimo fritto in padella.

Una volta fritto il composto su entrambi i lati, poteva essere condito con una serie di cose, tra cui formaggio, pomodori, fagioli o verdure.
Spesso veniva anche cosparso di miele, per addolcirlo un po’.
Tra i molti modi, il Navajo Fry Bread veniva servito prevalentemente somigliando ad un taco dei nostri tempi moderni.

Quando le tribù dei nativi americani furono trasferite verso le “riserve indiane”, in terreni agricoli di bassa qualità, divennero sempre più dipendenti sulle razioni di alimenti fornite dal governo degli Stati Uniti.
Il pane fritto, tuttavia, era uno dei pochi cibi indigeni che si poteva fare usando lo strutto, la farina, e le altre forniture a cui essi avevano accesso.

Il Navajo Fry Bread mi ricorda così molto lo stesso pane fritto che quando io ero piccolo mi preparava spesso in Sicilia la mia amata nonna!
Nel nostro dialetto, lo chiamavamo “Cuzzola” (in quanto ricordava appunto la forma delle pale del fico d’India).
Una volta fritto, noi lo cospargevamo di sale o di zucchero, a seconda dei gusti e delle nostre preferenze.
Uno squisito ricordo d’amore di famiglia.

I nativi utilizzavano il termine Wasna approssimativamente per qualsiasi cibo “tutto mescolato” insieme.

Il popolo Sioux (composto dai Lakota, Dakota e Nakota) credeva nella sua grande importanza, sia nutrizionale che spirituale.

Secondo le leggende Sioux, il Wasna consisteva in una linfa vitale composta da una miscela di carne secca, frutta e grasso.
Grazie al suo alto valore calorico, il Wasna (talvolta conosciuto anche con l’altro nome di Pemmican) era molto apprezzato, in quanto poteva così aiutare i guerrieri ed i cacciatori che partivano andando via per giorni e giorni.

Per preparare il Wasna, i nativi Sioux prendevano carne essiccata (il più delle volte manzo, bufalo o cervo) e la mescolavano con prugne o altre bacche secche.
Veniva poi ricoperto di grasso di rene fuso o strutto, per poi essere mangiato con un cucchiaio o a mano.
Spesso veniva messo in vesciche animali, o adattato in polpette a forma di palline, per consentirne un trasporto più facile.

Comune tra i Payomkawichum della California, o Luisenos (come li chiamano gli spagnoli), il Wiiwish era tradizionalmente associato anche con i popoli Miwok, originari della parte settentrionale dello stato.

Wiiwish era uno stufato cosparso fuori dalle ghiande altamente nutrienti che cadevano dalle querce.

Con più di 10 tipi di ghiande e noci diffuse nel nord della California, il Wiiwish miscelava diversi tipi di sapori, dando così insieme ai suoi mangiatori grassi essenziali, carboidrati, vitamine e proteine.

Il primo passo per creare il Wiiwish prevedeva la raccolta di ghiande ogni autunno.
Una volta raccolte in quantità, le ghiande venivano poi essiccate e conservate fino al momento del bisogno.

Per fare la preparazione, la ghianda veniva spaccata ed i chicchi rimossi dai loro gusci.
Una volta sbucciati dalla loro pellicina, i chicchi delle ghiande venivano macinati fino a ridurli in una farina.
Essa veniva poi mescolata con acqua, per rimuoverne un po’ l’amarezza, e poi cotta per trasformarla in una poltiglia, pane o stufato.

Wiiwish era solo uno dei tanti piatti dei nativi americani dove si usavano le ghiande, che venivano anche mangiate da membri di altre tribù tra cui gli Apache e gli Yavapai.

Secondo diversi reperti archeologici, circa 800 anni fa membri delle tribù Pueblo nel sud-ovest americano bevevano una birra a base di mais, tradizionalmente conosciuta come Tiswin.

Tuttavia, oggi il Tiswin è più spesso più associato con gli Apache, un’altra tribù separata che ha avuto ampi contatti con i gruppi Pueblo.

Relativamente facile da realizzare, la preparazione del Tiswin iniziava con la macinatura a pietra del mais.
Quindi si accendeva poi un grande fuoco e si faceva bollire in acqua la farina di mais per 20 minuti circa.

Una volta cotta, si tirava fuori e si spremeva l’impasto, filtrandone le impurità.
Dopodiché, veniva messa in una specie di barattolo, facendola fermentare con il lievito per almeno 24 ore.

Spesso alla bevanda venivano aggiunte anche erbe e radici.
Un altro tipo di Tiswin prevedeva l’uso la pianta mezcal o altri cactus, un processo per il quale ci volevano diversi giorni o settimane di frantumazione, bollitura e fermentazione.

Gran parte della letteratura sulla tribù degli Apache riferisce spesso degli indiani ubriachi di Tiswin.

Tuttavia, il ruolo di questo tipo di bevanda nella società degli Apache venne licenziato dai membri della tribù come per lo più essere una specie di mito, in quanto aveva un valore relativamente basso di contenuto alcolico.

Anche se quindi diciamo ci voleva molto bere per ubriacarsi di Tiswin, non era difficile comprendere come il passare del tempo di una vita senza speranza dei nativi americani confinati nelle riserve indiane potesse condurre spesso molti di loro poi ad una forma aggravata di alcolismo.

Il Piki era invece un sottile pane di mais fatto dagli Hopi, molto simile al pane di carta dei Navajo.
Esso veniva realizzato utilizzando mais blu o rosso, mescolato con cenere e acqua.

Mentre l’impasto iniziale era spesso denso, il Piki stesso di solito era molto fine e leggero.
Per fare il Piki le donne prendevano manciate di pasta stendendola su di una pietra calda e piatta, che si trovava in una piccola stanza della casa.

Una volta cotto, il Piki poteva essere piegato (lasciato piatto o arrotolato) e servito con una varietà di altri cibi.

L’arte di fare un buon Piki era qualcosa che le donne native acquisivano in anni di pratica!

Un altro interessante elemento presente tra i pasti dei nativi americani era la Hickory Nut Soup.

L’importanza dell’albero di Hickory per i nativi americani poteva essere vista nell’uso del prezioso olio delle noci di hickory sia nella medicina che per cucinare.

Le noci di hickory potevano infatti essere schiacciate, per essere trasformate in una succulenta bevanda.
Ma potevano anche essere bollite, scolate, e trasformate in quello che veniva chiamato “latte di hickory” (dal sapore che, vagamente, potrebbe forse sembrare simile al nostro latte di mandorla).

Una ricetta comune tra i popoli Cherokee era il Kanuchi, o infatti zuppa di noci hickory.

Durante l’inizio dell’autunno, le donne raccoglievano noci di hickory cadute dagli alberi e le lasciavano asciugare per diverse settimane.
La polpa delle noci veniva estratta, macinata, e poi si formavano come delle palline.

Dopo essere state conservate per un po’ di tempo, questa specie di polpette venivano gettate in una pentola di acqua bollente.
Una volta che la miscela veniva poi filtrata, per togliere eventuali pezzi residui di guscio, le donne Cherokee aggiungevano a volte dello zucchero o miele.

Il Wojapi veniva invece realizzato utilizzando delle amarene (comunemente chiamate chokecherry), farina di radice e zucchero.
Mescolati insieme, venivano poi portati ad ebollizione, addensandoli secondo le necessità o gusti.

Considerato come un dolce regalo, il Wojapi era molto comune tra le popolazioni Sioux, in particolare tra i Dakota e Lakota che vivevano nel South Dakota.

Il Wojapi veniva a volte mangiato come budino, ma poteva anche essere servito spalmato sopra il pane fritto.

Nonostante il suo sapore dolce, il Wojapi non era considerato come un dessert, ma piuttosto era uno dei tanti pasti tradizionali.
Veniva anche conservato, per essere poi servito in occasioni speciali o durante le riunioni cerimoniali.

L’uso delle “ciliegie choke” nella ricetta era dimostrativo dell’importanza del Wojapi per i nativi.

Queste stesse bacche erano comuni nella Wasna, di cui vi parlavo prima, ed erano molto apprezzate per le loro alte proprietà medicinali.

Tutti questi di cui vi ho raccontato sopra sono soltanto una piccola minima parte dei tanti pasti preparati dalle tribù dei nativi americani che, grazie alla vicinanza ed abbondanza di risorse naturali nel loro territorio, ne hanno comunque determinato il loro stile di vita unico.

Venite a scoprire insieme a me
la tramandata cultura e la ricca storia dei cibi dei nativi americani,
e la loro influenza sulle diete moderne.

Vi invito a seguirmi e ascoltarmi fino alla fine dei miei tanti racconti:
Attraverso lo storytelling delle mie molteplici esperienze!

– Maurizio –

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Kneel Down Bread, pane inginocchiato

Fry Bread, pane fritto Navajo

Wojapi, marmellata Sioux

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How to make Lakota Sioux Wojapi & Fry Bread

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